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La Domus de janas Iloi - Ispiluncas 3: il monumento e lo scavo.
Comune Sedilo
Località Iloi
Denominazione Ispiluncas
Sito Necropoli
Classe monumentale Domus de janas
Foglio IGM 206 II NE Ghilarza
Latitudine 40°09’36”
Longitudine 3°32’ 55”
Quota s.l.m. 180
Fiume principale a m 1950
Fiume secondario a m 500
Idrografia Riu Iloi, Riu Siddo
Sorgente a m 300
Morfologia Pendici di altopiano
Geolitologia Tufi di Sedilo e Noragugume
Pedologia Unità 3
Monumento Domus de janas 3
Tipologia Pluricellulare, a sviluppo centripeto
Materiale Tufo
Tecnica Escavazione in roccia
Orientamento SE
Stato conservazione Mediocre
Cronologia Neolitico recente, Eneolitico, Bronzo Antico e Medio, Età medievale
Compilatore Maria Grazia Melis

Bacino visivo

Ad E ed a SE sono visibili la piana del Tirso e del Lago Omodeo. Si distingue inoltre verso la valle il pianoro con il nuraghe Talasai.


Accesso

Sulla strada che dalla S.S.131 bis porta all’ingresso S del centro urbano di Sedilo, in corrispondenza dell’incrocio d’ingresso, si trovano due strade; si percorre quella di sinistra (la vecchia strada per Ghilarza) per circa 1 Km, quindi si imbocca sulla destra un sentiero che conduce alla necropoli. Il sito può essere raggiunto anche dalla sommità dell’altopiano, attraverso un sentiero che parte dallo spazio situato nei pressi dell’area nuragica di Iloi.


Descrizione

L’ipogeo appartiene ad una vasta necropoli a domus de janas situata nei costoni tufacei alle pendici di un altopiano sul quale a poche centinaia di metri dalle domus è ubicato il Nuraghe Iloi con il villaggio e le tombe dei giganti n.1 e n.2. A circa 1 km di distanza dalla necropoli, nella valle del lago Omodeo, è ubicato il villaggio preistorico di Serra Linta probabilmente pertinente alla necropoli di Ispiluncas.

Lo scavo dell’ipogeo n.3 di Iloi è stato condotto dalla Dott.ssa M.G. Melis negli anni 1993-1995.
Il monumento è di tipo pluricellulare a sviluppo centripeto, con dromos di accesso, orientato a SE, provvisto di due nicchiette laterali, senza anticella e con la disposizione dei vani secondari intorno ad un ambiente centrale quadrangolare di dimensioni maggiori. L’impianto originario, realizzato presumibilmente nel Tardo Neolitico di Ozieri, ha subito delle modifiche in tempi successivi (età del bronzo), che si distinguono per la minore accuratezza nelle rifiniture e per l’uso di strumenti da scavo più grossolani.
Dal punto di vista architettonico le planimetrie dei vani (dalla a alla s) presentano una varietà tipologica tipica dei monumenti ipogeici pluricellulari: quadrangolare (b), quadrangolare irregolare (i, h), reniforme irregolare (c), subellittica (d, e, f , g), subcircolare (l, n), trapezoidale (m) e rettangolare (q,s). Sono presenti inoltre sulla parte SE del vano centrale tre nicchie (o, p, r).


Lo scavo stratigrafico

All’inizio dell’intervento l’accesso alla tomba era possibile solo attraverso il vano n, che lasciava intravedere tra i depositi l’interno dell’ipogeo; si è dunque affrontato lo scavo di questo ambiente che ha restituito varie unità stratigrafiche: l’U.S.1 caratterizzata da humus e unità di crollo e di depositi recenti privi di materiale archeologico.
Sotto l’U.S.1 è emerso uno strato franco argilloso marrone scuro: l’U.S.4. Questo costituisce un grande deposito presente in quasi tutti i vani corrispondente ad un lungo periodo di abbandono, fatta eccezione per le celle b ed m, nelle quali sono stati rinvenuti resti scheletrici (crani e ossa lunghe) di una deposizione medievale corredata di oggetti in ferro.
Nello scavo del corridoio a, al di sotto dell’U.S.1 è emerso uno strato franco argilloso (U.S.7), che conteneva materiali molto frammentari, residui delle violazioni riferibili alle culture di Ozieri, Campaniforme e all’età del Bronzo.
Nel vano b, sotto l’U.S.4 , è stata riconosciuta una U.S. sabbiosa marrone-verdastro, la 19, che copre l’U.S. 9; quest’ultima assume in certi tratti l’aspetto di un lastricato di basalto, che sembra aver avuto la funzione nel Bronzo Antico o Medio di sigillare le fasi precedenti secondo un rituale di cui ci sfuggono i caratteri salienti.
Lo strato di base del vano b è l’U.S.20 contenente materiali campaniformi in stato molto frammentario. Al centro del vano sono state messe in luce una fossetta e due coppelle rituali.
Con lo scavo dell’U.S. 4 nel vano b venne in luce, al di sotto della nicchia o, un’apertura che successivamente poté essere identificata come il portello d’ingresso di ambienti di cui non si conosceva l’esistenza, la cella q e la cella s.
All’interno del vano q è stata individuata l’U.S. 22 che costituisce il lembo archeologico meglio conservato della tomba. Conteneva le deposizioni campaniformi, disposte in modo caotico tra pietre di medie dimensioni e frammenti vascolari.


Elementi culturali e cronologia

I FASE

Neolitico recente (cultura di Ozieri)
Al Neolitico Recente di Ozieri risale l’escavazione della tomba e la sua intera articolazione planimetrica, come sembrerebbe risultare dall’omogeneità della tecnica di scavo, piuttosto curata, nonostante il forte degrado della superficie rocciosa.
Ad epoca posteriore sono ascrivibili l’ampliamento dei vani f, c, del gruppo di cellette h-i-l e alcune fosse irregolari scavate nel pavimento delle celle c, f e g.
Della fase tardo-neolitica restano pochissimi elementi di cultura materiale, tra i quali un frammento di vaso a cestello. Al rituale funerario della cultura di Ozieri riconducono la fossetta centrale e le due coppelle del vano b. Alla fase Ozieri riconduce, inoltre, l'eccezionale rotrovamento, nella vicina tomba 32, della raffigurazione antropo-zoomorfa su un frammento ceramico di vaso a collo.

II FASE
Eneolitico (cultura di Monte Claro)

Assenti le fasi Sub-Ozieri Filigosa e Abealzu, sporadici elementi sottolineano l’uso dell’ipogeo durante l’età del Rame, rappresenta da materiali della cultura di Monte Claro. Pochi ma interessanti elementi provengono dall’U.S. 22 delle celle q e s: un vaso di grandi dimensioni, di cui si conservano due frammenti di orlo e parete decorato a solcature rozzontali e verticali, uno scodellone troncoconico con larghe solcature orizzontali sotto l’orlo. Esso presenta quei caratteri del Monte Claro che hanno più volte portato a confrontare la cultura con l’aspetto Fontbouisse del Midi francese. Lo studio petrografico e il confronto, sempre su base petografica con contesti fontbouxiens ha portato all’esclusione di un’origine esterna dell’argilla e degli inclusi, origine che può invece essere identificata in siti non lontani da quello in esame.

III FASE
Eneolitico finale e l’età del Bronzo (fase culturale del vaso campaniforme).

L’orizzonte campaniforme della tomba 3 costituisce l’aspetto più interessante sia perché il buono stato di conservazione dei reperti ha consentito il recupero di numerosi dati, sia perché il quadro emerso arricchisce notevolmente il panorama del Beaker sardo.
L’analisi comparativa dei materiali consente di inquadrare il contesto sedilese in un momento evoluto del fenomeno campaniforme. Inoltre va sottolineata l’eccezionalità del contesto ceramico, che contempla una grande ricchezza di forme (scodelle a calotta di sfera e troncoconiche, tazze, ciotolo carenate, bicchieri e boccali) ed una notevole varietà nelle composizioni ornamentali (realizzate con impressioni a pettine e conchiglia, incisioni, incrostazioni con pasta bianca), tra le quali appare il rarissimo motivo ad L e l’inedito meandro triangolare, presente anche tra i materiali della tomba 2.

IV FASE

Bronzo Antico, cultura di Bonnanaro.
Pochi reperti sono riconducibili alla fase Bonnanaro (forme ceramiche troncoconiche e carenate, ollette), mentre si è ipotizzato che alcune modifiche dell’impianto originario dell’ipogeo siano da attribuire a questo periodo. Nel corso di tale fase o in quella successiva potrebbe essere stato collocato lo strato di blocchi di basalto che copre la superficie di molti vani e oblitera le nicchie.

V FASE
Bronzo Medio.
Sporadiche ceramiche sembrano da riferire ad un momento del Bronzo Medio (tegami, olle). A questo orizzonte o a quello precedente riferita la formazione dell’U.S.9.

VI FASE
Alto Medioevo (VII-VIII sec. d.C.).
Le deposizioni di almeno quattro individui, provviste di un corredo di manufatti in ferro (fibbie, lame, coltelli a immanicatura ) e un’ anello di argento, segnalano il riutilizzo del monumento in epoca storica, confermando le ipotesi sulla consistenza della frequentazione della zona di Sedilo.